Un fiorino!!

Il divertimento è una reazione/relazione umana spesso sottovalutata. La vita è spesso piena di impegni e raramente soppesiamo quanto divertimento ci concediamo e se sia sufficiente oppure sia da ampliare.

Ovviamente non parlo del divertimento commerciale, di quello il mondo è pieno. Recentemente sono stato con le mie bambine ad Eurodisney, e lì non si può dire che manchi. L’industria ed il commercio hanno creato paradisi (?) del divertimento per provare a rendere le persone felici o quantomeno per pagare un corrispettivo in cambio di una dose di sollazzo. Ma va da sé che non possiamo passare tutti i giorni a Gardaland.

Intendo un altro tipo di divertimento.

Spesso in terapia i pazienti sono tutto fuorchè divertiti. Sono divertenti, quello si, – senza offesa, vedi oltre – ma non si divertono nelle loro vite. Vengono perchè hanno un problema, chiedono aiuto e consulenza per risolvere alcuni loro problemi. E raramente ti raccontano come si divertono. Sono divertenti perchè ci regalano dei grandissimi affreschi caratteriali, pieni di colori e di intensità nel loro atto quotidiano di interpretazione caratteriale.

In comunità, i ragazzi delle comunità psichiatriche nelle quali lavoro, quando si divertono cambiano volto, tornano bambini. Loro i cui volti sono spesso piegati anzitempo, aggrinziti dalla malattia, quando si divertono, fanno scorgere una linea di pace dentro i loro occhi. E ti riempiono il cuore.

Ecco, il divertimento è un po’ quello che diceva Paolo Quattrini quando ricordava a noi – suoi allievi – che tutti son capaci a fare gli psicologi, poi i terapeuti, ma pochi in realtà sono quelli che si divertiranno.

E la stessa cosa dice il fisico teorico Cabibbo, come citato dal recente premio nobel prof. Giorgio Parisi – vale la pena godersi mezzora della sua spiegazione della fisica della complessità – il quale diceva ai suoi allievi “ma se questo problema che stiamo studiano non ci diverte nel risolverlo, che lo studiamo a fare?!

Il divertimento va alimentato tutti i giorni, andando verso quello che ci piace fare, tornando ad essere quei bambini che eravamo. Sembra una banalità. Manuel Agnelli direbbe che così dicendo potrei riempire il dizionario dei luoghi comuni. Non credo sia un’affermazione banale. Penso piuttosto sia una prospettiva semplice ad un problema concreto nella sua onnipresenza.

Chiedetevi sempre se quello che fate vi diverte, se la risposta super seria che avete dato nel bel mezzo di una litigata vi ha pesato, o se fosse stato meglio renderla più godibile con un paradosso, se il lavoro che fate vi diverte, se la persona che amate è esilarante o vi rende esilaranti, se l’immagine che date di voi stessi al resto del mondo sia simpatica.

E allora quando uno dei nostri amici e dei nostri figli deve affrontare un esame importante, una prova per lui fondamentale, sarebbe bello rovesciare la prospettiva augurando buon divertimento al posto della classica buona fortuna. Essa viene, forse, dall’alto.

Al contrario, il divertimento è una scelta personale che ti fa meritare, o meno, la tua qualità di vita.

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